IL CIGNO
creato nel 2022 in occasione degli 80 anni dalla morte di Michel Fokine
coreografie di Fredy Franzutti da Michel Fokine
musiche di
Fryderyk Chopin, Robert Schumann, Aleksandr Nikolaevič Čerepnin,
Igor Stravinskij, Carl Maria von Weber, Nicolaj Rimskij-Korsakov, Camille Saint-Saëns
testi di Walter Prete
nuova creazione
produzione n°45 FF 2022
durata: 1h,40 minuti
IL CIGNO
Antologia di Michel Fokine
(San Pietroburgo, 26 aprile 1880 – New York, 22 agosto 1942)
Facendo rivivere la magica atmosfera di un’epoca legata ai Ballets Russes, al fermento creativo che caratterizzarono gli inizi del Novecento, anni di cambiamenti significativi con al centro la leggendaria figura di Nijinskj, nello spettacolo “Il cigno”, c’è tutta l’ammirazione, la conoscenza e la passione del coreografo e regista Fredy Franzutti per quel genio prolifico che è stato Fokine. Un ricco omaggio – e unico in Italia nell’anniversario della morte del coreografo russo (80 anni lo scorso 2022) – questo del Balletto del Sud, che comprende alcuni estratti tra le più significative opere di Michail Fokine (San Pietroburgo 1880 – New York 1942) rielaborate, e altre totalmente nuove, da Franzutti con quella mano sapiente che attinge, com’è sua peculiarità culturale, alla dettagliata ricostruzione storica anche dei costumi originali.
Non solo. Prende per mano lo spettatore accompagnandolo nella storia personale di Fokine elaborata da Walter Prete, autore dei testi originali che l’attore Andrea Sirianni recita vestendo i panni di Fokine introducendo le diverse coreografie. La sua presenza in scena funge da filo rosso richiamando gli incontri che hanno segnato la vita artistica del coreografo: fra cui l’impresario Diaghilev e il compositore Stravinskji, i ballerini Anna Pavlova e Vaslav Nijinsky, i pittori teatrali Alexandre Benois e Léon Bakst, e luoghi quali Parigi, San Pietroburgo e New York. Era l’epoca che univa arti sceniche e liriche in un nuovo movimento, e che trovava in Fokine un rivoluzionario fautore. Rigettando le convenzioni ballettistiche e il manierismo, egli fu artefice di nuovi princìpi sui quali doveva poggiare il balletto classico del Novecento «La danza – ribadiva fra il resto – non deve essere un puro divertissement introdotto dalla pantomima. Nel balletto tutto il significato della storia deve essere espresso dalla danza. Prima di tutto danzare deve essere interpretazione; non deve degenerare in mera ginnastica. Deve in realtà essere parola plastica. Deve spiegare lo spirito degli attori nello spettacolo. E, ancora, esprimere l’intera epoca alla quale il soggetto del balletto appartiene». Sollecitati dal susseguirsi delle coreografie proposte da Franzutti, si riaccendono, unendo vista e udito, le note di celebri brani musicali – eseguiti al pianoforte da Scipione Sangiovanni – della nostra memoria collettiva: “Sheherazade” di Rimskij-Korsakov, “La morte del cigno” di Camille Saint-Saens, “Lo spettro della rosa” di Carl Maria von Weber, “Les Sylphides” di Chopin. La magia della serata è subito creata dal balletto d’apertura “Les Sylphides”, con le linee oniriche e gruppi di tulle con le ali sulla schiena delle silfidi e i fiori tra i capelli. “Sheherazade”, storia di desiderio, tradimento e morte, è uno dei balletti di Fokine che rivelava l’ossessione dell’epoca per l’Estremo Oriente. E gli idiomi stilistici di una danza esotica li ritroviamo sintetizzati nel breve duetto tra Robert Chacon nei panni dello Schiavo e Aurora Marino in quelli della principessa Zobeide, nel loro turbinare e serpeggiare con sensualità. “Le spectre de la rose” del 1911, ispirata ad una poesia di Téophile Gauthier, è un romantico duetto – Alice Leoncini e Ovidiu Chitanu – nell’atmosfera sospesa del sogno, tra una fanciulla e la rosa regalatale da un giovane alla sua prima festa da ballo, fiore immaginato come uno spirito fatto di petali cremisi e profumo, e con una forza sensuale. Dopo averle piroettato delicatamente attorno e averle abbozzato un ultimo giro di valzer, lo Spettro vola via come era entrato. E lei, al risveglio dalla poltrona, si ritrova con la sola rosa in mano.
Dal prezioso fondale dipinto che riprende i disegni e i colori dell’originale del balletto di Fokine musicato da Stravinskij, sbuca Petruška immettendoci nell’esotismo di una Russia perduta su cui aleggia il mito e il folklore. La storia dell’infelice marionetta da baraccone innamorata del fantoccio di una ballerina, che prova sentimenti e ama, ma soccombe contrastato dal terribile manichino del Moro, è qui concentrata nella scena della camera quando al ricordo della ballerina, preso da grande gioia Petruška si rianima euforico da terra.Il fulminante assolo interpretato da Carlos Montalvan col sorriso clownesco dal calore melanconico, con trucco e costume perfettamente ripresi da una foto dell’originale di Nijinskij, è un vigoroso gesticolare di rigide braccia in aria e di salti, che fanno erompere in lui la rabbia solitaria, la gioia illusoria e la disperazione frenetica quasi espressionista del burattino ribelle al giogo del padrone-ciarlatano.
A completare i titoli del programma (al Teatro Apollo di Lecce), accanto al terzetto di “Carnaval” su musica di Robert Schumann, alla variazione da “Le Pavillon D’Armide su musica di Nicolai Čerepnin, e un estratto da “L’uccello di fuoco” di Stravinskij, non poteva mancare il prezioso celebre assolo “La morte del cigno”, danzato da un’intensa ed espressiva Nuria Salado Fustè sulle note popolarissime di Saint-Saëns, in chiusura di una magica serata il cui titolo “Il Cigno” è riferito a quello originario del balletto reso celebre dall’interpretazione di Anna Pavlova.
Via scarpette da punta e tutù, niente walzer e mazurche. Niente danza classica ottocentesca e pantomima codificata. La danza può anche essere priva di soggetto, puro movimento. Niente applausi a scena aperta e ringraziamenti che interrompessero l’azione. All’inizio del 900 il pietroburghese Michail Fokin (meglio noto sulle scene europee come Michel Fokine) era un rivoluzionario. Mandava all’aria la tradizione a favore di temi esotici (le Pavillon d’Armide), o del rimpianto della danza romantica primo ‘800 (Les Sylphides). Racchiudeva in un assolo per Anna Pavlova la poesia di tutti i cigni nella Morte del cigno. Ecco un danzatore gender fluid che agiva in scena con un costume coperto di petali di rosa nello “Spectre de la rose”, oppure scatenava una sessualità animalesca come schiavo d’oro in Sheherazade. In entrambi i casi fu il leggendario Nijinsky.
Tutto questo racchiuso in uno spettacolo dal titolo semplice “Il Cigno” che il coreografo Fredy Franzutti ha realizzato per il suo Balletto del Sud e presentato al Teatro Apollo di Lecce, con già alcune date di una tournée che si spera destinata ad moltiplicarsi.
Perché il Cigno non è un semplice galà su brani di Fokin, ma uno spettacolo compiuto e strutturato che ha per filo conduttore i ricordi di Fokin stesso (l’ottimo attore Andrea Sirianni) che racconta la propria vita artistica, a partire dal padre ricco commerciante che non voleva un figlio “pljasún” (saltimbanco). Per la musica i brani dei balletti sono eseguiti al pianoforte da Scipione Sangiovanni.
Franzutti, che ora ricostruisce e ora interviene con il suo estro coreografico, apre con il notturno e il valzer da le Sylphides (la musica è di Chopin) e sono le eteree fanciulle in leggeri tutù lunghi che si muovono impalpabili, come se il fantasma della taglioni riapparisse moltiplicato all’infinito. Certo il rimpianto per il romanticismo, ma Fokin tuttavia non ricreava una storia bensì ci presentava una sua Réverie.
“Carnaval, (musica di Schumann) è il divertente battibecco fra Arlecchino e colombina che si giocano di Pantalone.
“L’uccello di fuoco” per il quale Fokin fece ricorso alla musica di Stravinskij ai costumi di Bakst e alle scene di Golovin è qui una serie di quadri che ci fa incontrare Nuria Salado Fusté, l’étoile della compagnia, che presto lascerà il posto a Ana Sofia Scheller perché in dolce attesa. Nuria ha gambe slanciatissime, braccia imperiose come si conviene a un essere soprannaturale e salvifico, c apo mobile e nervoso. Perfetta comme uccello di fuoco. Tutto il contrario dell’ammaliante e dolente cigno morente, qui con braccia fluttuanti e morbidissime, con cui Nuria chiuderà lo spettacolo.
«Je suis le spectre de la rose che tu portais hier au bal» dice il verso di Théophile Gauthier che ha ispirato il brano declinato sull’invito alla danza di Carl Maria von Weber. Ovidiu Chitanu ne è la toccante interpretazione. Ricoperto di petali di rosa, risveglia la fanciulla che rientrando dal ballo risposa su una poltrona, con leggerezza la invita a danzare per poi riportarla alla poltrona.
Per “Petrushka”, l’uomo marionetta cantato anche da Blok nel Balagancik, la baracca dei saltimbanchi, Fanzutti ha scelto di presentarci la scena solitaria del burattino chiuso nella sua stanza, anche qui la musica è di Stravinskij. Resta da dire di Sheherazade dove Franzutti sceglie il costume esotico per la bella Zobeide e spoglia quasi del tutto lo schiavo nero: attualizziamo, deve essersi detto.Serata dunque piacevole e di qualità con una attenzione filologica alla ricostruzione dei costumi originali e che conferma lo stato di ottima salute della compagnia di 22 elementi, meriterebbe di essere vista più spesso in giro per l’Italia .
Sergio Trombetta
IL CIGNO – Spot
spettacolo in un atto – produzione n°45 FF 2022
durata: 1,20 minuti
Spettacoli in programmazione
COMPAGNIA
Il “Balletto del Sud” nasce nel 1995 fondato e diretto da Fredy Franzutti.
Riconosciuta dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali dal 1999 è oggi una delle più rilevanti compagnie di danza in Italia, con un vasto e vario repertorio che replica nelle numerose tournée nazionali e internazionali.